Carissimo Arcivescovo Abate Benito,
padre e pastore del sacramento dell'ordine che mi hai conferito per l'imposizione delle tue mani il giorno 8 giugno 2002, amatissimo episcopo che con tanta premura hai seguito, generato e custodito il mio presbiterato, ti devo tantissimo. Non trovo le parole per esprimere il mio dolore umano per l'esito terreno dell'ultimo tratto del tuo pellegrinaggio; mi conforta, nella fede, il saperti in quel "già" dal quale intercedi per il nostro "non ancora". Tante volte mi hai accolto per dialogare insieme, tante volte mi hai ascoltato e consigliato, tante volte mi hai incoraggiato. Sei venuto anche a casa mia, abbiamo passeggiato a Roccapelago sul far della sera discettando di filosofia e teologia a partire da Gilson, mi hai inviato a studiare presso la FTIS (Facoltà Teologia dell'Italia Settentrionale) ed esortato a mettere nelle mani del cardinale Biffi la mia licenza in teologia fondamentale. Hai saputo coniugare la fedeltà genuina al vero senso della tradizione con lo sguardo profetico e sapiente del gufo, che vede nella notte. Ora che sei con San Geminiano in compagnia dei Santi nella Trinità invoca per noi l'intercessione di Maria nella rosa dei beati, perché con la tua amorevolezza e predilezione per gli ultimi possiamo camminare verso il Signore portando agli uomini del nostro tempo il lieto annuncio della Parola che salva e i sacramenti della misericordia di Dio e la carità che tutto copre, tutto spera e tutto sopporta.
Ad-Dio!